PaviaTourism alla corte del castello, ieri dei Malaspina, oggi di Varzi (Views 5551)

Dopo gli itinerari che ci hanno portato a visitare gli immediati dintorni di Pavia, questo mese torniamo in Oltrepo, per godere dei dolcissimi colori dell’autunno, che vestono le colline in questo periodo.
Abbiamo chiesto al nostro carissimo amico Fabio Draghi di guidarci attraverso la storia di questo castello e della città di Varzi che abbiamo scelto perchè fulcro dei nostri itinerari collinari e montani.
Regalandoci un week-end lungo uno degli itinerari che porta a Varzi, in una bella giornata di sole autunnale, abbiamo scattato qualche foto che vi invitiamo a guardare sulla pagina news del sito paviatourism.com. Ma ora lasciamo la… penna a Fabio:
“Risalendo la valle Staffora dalla pianura oltre alla torre di Nazzano a sinistra e al castello di Pozzol Groppo a destra si trova quello di Oramala e giunti a Varzi, al centro del paese si trova il castello Malaspina, oggi ritornato al suo antico splendore, dopo un attento e accurato restauro.
Un “nuovo” nome, castello di Varzi, ne vuole essere la caratteristica per divenire una delle principali attrattive del borgo, tanto da contraddistinguerlo come luogo d’aggregazione e un punto di riferimento per chi vi giunge, un piccolo polo culturale che si apre al pubblico dove poter promuovere anche le eccellenze del territorio, dalle peculiarità vitivinicole/enologiche alla valorizzazione del prodotto culinario che caratterizza il territorio: il salame.
Valle Staffora, terre feudali dei Malaspina quindi, concesse nella seconda metà del XII secolo dall’Imperatore Federico Barbarossa.
Il primo impianto del maniero risale a prima del 1200, questo è quanto attestano i documenti, e la sua costruzione si deve a motivi di difesa. Quello che possiamo vedere oggi è un insieme di edifici, aggiunti e modificati nel corso dei secoli, collegati tra di loro.
Il maniero ha la sua facciata prospiciente la piazza centrale e quello che spicca maggiormente è la torre quadrata posta sul lato sud risalente al XIII secolo. Alta 29 metri, è però una parte esterna e indipendente rispetto al castello. E’ infatti di proprietà comunale. Utilizzata come prigione è anche conosciuta come “torre delle streghe” per alcune donne incarcerate nel XV secolo durante la Santa Inquisizione, collegate a casi di stregoneria e poi condannate al rogo. Alla sua sommità, su cui è un terrazzo coperto da cui si gode di un panorama a tutto tondo sul paese e la vallata, si accede attraverso una stretta intercapedine con scalini in muratura che consentono l’ingresso anche alle quattro stanze, sovrapposte una all'altra, che si trovano nel torrione.
La facciata principale, posta sulla piazza oggi "del Municipio", ieri "delle Caminate" (per via delle stanze 'caminate' di rappresentanza dei Malaspina), è frutto dei restauri del Settecento e quasi centralmente è posta una piccola meridiana a scandire le ore con la scritta “Non segno che le ore liete”. Sulla sinistra un portale barocco consente l’ingresso diretto alla parte adibita ad abitazione privata.
Dal vicolo posto a nord si accede ad un cortile, sulla cui destra si trova un portale a sesto acuto caricato centralmente dallo stemma del casato dei Malaspina, il ramo detto dello spino secco (sviluppatosi in Val Trebbia) contrapposto a quello dello spino fiorito (rimasto in Valle Staffora). La separazione della famiglia avvenne nel 1221 a seguito delle divisioni ereditarie. Il capostipite della linea di Varzi fu il marchese Azzolino, che vi prese dimora facendo fortificare il borgo e fissando in questo luogo il capoluogo di una vasta signoria comprendente anche i Comuni di Santa Margherita e di Fabbrica Curone nell'alessandrino.
Nel 1320 i Malaspina diedero a Varzi gli Statuti, compilati dal giurisperito cremonese Alberto dal Pozzo.
La parte del castello posta a est venne edificata nel XVI secolo e sull'ingresso insisteva un ponte levatoio posto sopra il fossato preesistente. Nel medesimo periodo, a causa di suddivisioni ereditarie interne, vissute in disarmonia tra i discendenti (ai quali rimase comunque il titolo di Marchesi), il Ducato di Milano prese a disporre a proprio piacimento del marchesato. Il conte Sforza di Santa Fiora acquistò la maggior parte delle quote feudali finendo per essere riconosciuto unico feudatario di Varzi.
L’ala del fabbricato che si sviluppa verso nord, costituente alcuni locali un tempo di servizio come la ghiacciaia, le stalle e il fienile, ne rappresentano il fulcro vitale del XXI secolo.
Un sapiente e rispettoso restauro conservativo ha portato così ad avere un dedalo di stanze polifunzionali. L’ex stalla e la ghiacciaia, parzialmente interrate, hanno mantenuto la pavimentazione in ciottoli, le cui volte, parzialmente a botte in sassi, sono messe in risalto dall’illuminazione realizzata a terra.
Salendo si giunge nel cuore del castello, quella che era il fienile, oggi è una grande sala soppalcata che si affaccia sul giardino da dove si può ammirare la suggestiva veduta sulle colline circostanti.
Da un locale di servizio si transita sotto un arco a sesto acuto di cui è rimasta visibile parte della cordonatura in arenaria, e si sale percorrendo una piccola scala triangolare in legno al secondo piano dove due stanze con bagno attendono di essere riservate per i moderni ospiti del castello. Da queste stanze verso il borgo vi sono alcune aperture ogivali originarie dell’impianto medievale del maniero.
Di notevole importanza l’archivio dell’ultimo erede dell’illustre casato dei Malaspina, l’abate Fabrizio. Questi morì a Torino il 2 aprile 1863, lasciando quale erede universale la nipote contessa Marietta Odetti di Marcorengo, nata Malaspina, e fu sepolto, secondo le sue volontà, a Casanova Staffora.
Il fondo documentario è costituito da manoscritti, quinternetti, pergamene, registri, disegni e mappe raccolti dall'abate con l’intento di scrivere la storia della propria famiglia, documenti privati e di vari enti frutto di ricerche minuziose. Una varietà di carte che spazia dalla documentazione relativa all’amministrazione delle Comunità e della giustizia, come pure appartenente alle diverse parrocchie dislocate sul territorio dell’alta Valle Staffora.
La presenza di documenti pubblici negli archivi privati di una famiglia signorile come quella dei Malaspina non stupisce, infatti è molto diffuso in tutti quei casi in cui i membri di una famiglia abbiano ricoperto cariche pubbliche.
L’archivio, costituito da 82 faldoni, nonostante risulti di proprietà privata, della famiglia Odetti di Marcorengo, è stato gentilmente messo a disposizione del pubblico e dei ricercatori e depositato presso la biblioteca di Varzi per la consultazione.
L'ambizioso progetto della famiglia Odetti è quello di far diventare Varzi e il castello un centro vitale e di riferimento per tutta la valle Staffora attraverso vari aspetti legati alla tradizione, alla storia e all'enogastronomia”.
Fabio Draghi

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